Riflessi positivi su pazienti e caregiver, risparmi per il Ssn
Roma, 9 mag. (askanews) – Le immunodeficienze primitive (PID) sono patologie rare di origine genetica che presentano alterazioni nel funzionamento del sistema immunitario comportando un’esposizione più frequente a malattie e infezioni. Ad oggi ne sono state classificate oltre 300 forme, con una prevalenza minima di circa 5 casi ogni 100.000 abitanti. Un valore però sottostimato a causa dei ritardi diagnostici che possono arrivare fino a 4-5 anni. Sono alcuni dei dati emersi durante l’incontro organizzato a Roma, con il supporto non condizionato di Becton Dickinson, tra pediatri, medici di base, specialisti, associazioni di pazienti per arrivare a elaborare un percorso in grado di ottimizzare la gestione dei pazienti con immunodeficienza primitiva, a partire dai test e dalla diagnosi precoce che oggi può avvalersi di tecnologie innovative come la citometria a flusso, un metodo analitico altamente sensibile che consente una rapida valutazione dei componenti del sistema immunitario.”La diagnosi precoce – dichiara ad askanews Filippo Cristoferi, responsabile External Affairs, Relazioni istituzioni AIP OdV – è fondamentale per i pazienti, per i caregiver, per i familiari. Un ritardo diagnostico crea insicurezza, non permette alla famiglia di essere serena. La diagnosi conclude un’odissea diagnostica che a volte dura anni. Il secondo elemento è che ovviamente permette di arrivare a una terapia certa, permette ai pazienti di avere una terapia definita, chiara che permette un miglioramento della qualità della vita importante, di avere una vita quasi normale. Le tecnologie disponibili per permettere una diagnosi precoce ci sono, occorre cominciare a utilizzarle in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale garantendo una piena accessibilità a queste tecnologie”.Diagnosticare per tempo la malattia ha riflessi positivi non solo sulla vita dei pazienti e delle loro famiglie ma anche sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale.”Stimare l’impatto economico delle immunodeficienze primitive è complicato – dichiara ad askanews Paolo Sciattella, CEIS-EEHTA, Università degli Studi di Roma Tor Vergata – in quanto parliamo di un insieme di oltre 480 patologie. Uno studio di qualche anno fa ha stimato l’impatto per il Servizio sanitario nazionale relativo al trattamento di circa 15 milioni di euro a cui va aggiunto il costo relativo all’assistenza ospedaliera che abbiamo stimato pari a 6 milioni di euro l’anno ed è relativo alle complicanze del paziente legate alla patologia. Una revisione sistematica del 2020 ha studiato l’impatto di una diagnosi precoce delle immunodeficienze primitive arrivando a un risparmio compreso tra i 6.500 dollari a oltre i 100.000 dollari l’anno per paziente. La variabilità è dovuta sia alla patologia studiata sia alla voce di costo che è stata considerata nell’analisi, perché queste sono patologie che oltre a impattare sui costi sanitari diretti hanno anche un forte impatto in termini di costi indiretti legati alla perdita di produttività del paziente e del caregiver”.