Al Teatro Biblioteca Quarticciolo a Roma il 25 e 26 maggio
Roma, 25 mag. (askanews) – Nell’ultimo spettacolo di stagione del Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma, Arturo Cirillo porta in scena il 25 e 26 maggio uno dei personaggi più controversi, nato dalla penna di Alan Bennett. In “Il gioco del panino”, di cui è protagonista e regista, con traduzione di Mariagrazia Gini, scena di Dario Gessati, costumi di Stefania Cempini e luci di Mauro Marasà, Arturo Cirillo è Wilfred Paterson, una creatura umana, con disagi, paure, problematiche tutte sue, anche se tutte possibili. Nessun giudizio, nessuna condanna, ma neanche assoluzioni. Un’osservazione dell’uomo come se fosse una cosa della natura, con le sue leggi e le sue eccezioni, le sue regole e le sue devianze.
Lucido, struggente, ironico e cattivo come è la scrittura di Bennett, “Il gioco del panino” è il racconto di tutta una vita emotiva e affettiva che non si può definire con delle semplici parole.
“Alan Bennett ha il grande pregio, ai miei occhi, di parlare di problematiche molto precise, problematiche che (per gli studiosi, i medici, i giornalisti, i sociologi) hanno delle parole che le definiscono, a volte forse un po’ generiche, qualche volta fin troppo specifiche, e lui invece ne parla tenendosi sempre molto lontano da queste definizioni, dall’uso di queste parole”, ha speigato Cirillo. “Più che lo studio o la conoscenza medica, politica o sociale del problema, in Bennett vi è la immediata rappresentazione umana della questione, della patologia, della problematicità. Sono esseri umani quelli che lui racconta, anche se poniamo sta descrivendo la regina d’Inghilterra, e anche Wilfred Paterson lo è. Una creatura umana, umanissima direi, con disagi, paure, problematiche tutte sue, anche se in fondo tutte possibili in ogni creatura umana. Bennett non giudica, non condanna, non assolve, non risolve ma semplicemente osserva questi suoi fragili e vibranti personaggi come si osserverebbero le cose della natura, con le sue leggi e le sue eccezioni, le sue regole e le sue devianze”.
“Quindi io qui non starò a raccontarvi la storia di Wilfred Paterson, né tanto meno ad usare parole che lo potrebbero definire, come malato, come diverso, o come criminale, perché Bennet non le usa e io voglio fare come lui. Incontrerete una persona, un signore, che ha lavorato anche in un parco pubblico, che è sposato, che non ha avuto figli, e che ha tutta una sua vita emotiva ed affettiva che cercherò di far vivere quanto più mi sarà possibile. Sapendo solo che, come dice Amleto ad Orazio, ci sono più cose in cielo e in terra di quanto ne immagina o ne sogna la nostra filosofia”, ha concluso.