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La crisi umanitaria più dimenticata del mondo è quella del Burkina Faso. Che ora chiede il supporto dell’Italia

MondoLa crisi umanitaria più dimenticata del mondo è quella del Burkina Faso. Che ora chiede il supporto dell’Italia

(La copertina del rapporto dell’organizzazione Norwegian Refugee Council)

ROMA – “Dall’Italia ci aspettiamo molto” scandisce l’ambasciatore Ibrahim Koné, “chargé d’affaires” del Burkina Faso in Italia. Il suo Paese, nel cuore dell’Africa e del Sahel, è stato inserito questa settimana al primo posto in una classifica mondiale delle crisi dimenticate. Ed è da qui che comincia l’intervista con l’agenzia Dire. “Ci sono tante comunità sfollate, che sono ospitate in campi profughi” sottolinea il diplomatico. “Tra gli impegni principali c’è lo sminamento, necessario affinché le persone possano rientrare nelle loro case”. Koné sottolinea: “Contiamo sull’Italia, in particolare sull’iniziativa Piano Mattei, per riportare sicurezza e in prospettiva un po’ di economia e di investimenti non appena il Paese sarà pacificato”.

IL RAPPORTO DEL NORWEGIAN REFUGEE COUNCIL

La classifica delle crisi dimenticate è stata stilata dal Norwegian Refugee Council (Nrc), organizzazione umanitaria fondata nel 1946 e da allora operativa in più continenti, dal Sudamerica all’Asia passando per l’Africa. In Burkina Faso è in corso da anni un conflitto che contrappone più gruppi armati al governo, che è di base a Ouagadougou. Dal 2020 nella capitale è al potere una giunta militare guidata dal capitano Ibrahim Traoré, ora presidente di transizione. Secondo il Norwegian Refugee Council, i combattimenti e la crisi sociale che ne è conseguita si è aggravata nel 2023, raggiungendo la fase più acuta dal 2019. L’organizzazione stima che circa due milioni di persone siano confinate in 39 centri urbani. Sarebbero invece centinaia di migliaia i civili privati della possibilità di ricevere assistenza o aiuti di prima necessità.
Secondo Koné, il Piano Mattei e in generale l’attenzione dell’Italia verso l’Africa può essere importante anzitutto per “mettere in sicurezza” il Paese e in un secondo tempo per favorire crescita e “sviluppo”.
Un altro termine che ritorna nell’intervista è “narrazione”. Il diplomatico denuncia un racconto mediatico scorretto, che sarebbe alimentato in particolare dalla Francia, ex potenza coloniale sia in Burkina Faso che in altri Paesi del Sahel.

Koné cita le accuse dell’organizzazione Human Rights Watch relative a esecuzioni sommarie di oltre 200 persone che avrebbero avuto luogo in due villaggi nel febbraio scorso. Stando all’ong, gli omicidi sarebbero stati compiuti dai militari di Ouagadougou come rappresaglia al supporto offerto dagli abitanti a gruppi ribelli di matrice islamista. Il diplomatico respinge questa ricostruzione e denuncia al contrario un ruolo di Parigi a supporto di milizie irregolari secondo una logica di “destabilizzazione”. Stando a questa lettura, all’origine della crisi nel Sahel c’è stata nel 2011 la decisione della Francia e della Nato di colpire la Libia e rovesciare il colonnello Muammar Gheddafi. “I terroristi si sono riforniti negli arsenali del Paese e poi si sono spinti verso sud, prima in Mali e poi in Burkina Faso” sostiene il diplomatico. “Oggi stiamo cercando di contenerli, anche con aerei, droni e apparecchiature di ultima generazione: vogliamo riconquistare il nostro Paese”. La speranza è che presto possa cominciare una fase nuova, di opportunità e sviluppo. “E’ con questo spirito”, riferisce Koné, “che il mese scorso una delegazione di nostri imprenditori ha partecipato a Macfrut, la fiera dell’ortofrutta che si è tenuta a Rimini”. Grazie al supporto dell’ufficio di Ouagadougou dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), il Burkina Faso ha portato in mostra anche varietà di cereali, pellame e cotone. “Puntiamo molto sul sesamo, perché il vostro Paese ne è un grande consumatore” sottolinea Koné. “Macfrut è stata un po’ una vetrina, per far conoscere le capacità e le potenzialità del Burkina Faso”. Secondo le stime del Norwegian Refugee Council, nel 2023 il deficit tra necessità e disponibilità di fondi per far fronte alle crisi umanitarie nel mondo ha raggiunto i 32 miliardi di dollari, dieci in più rispetto all’anno precedente. Nella classifica dell’ong, dopo il Burkina Faso ci sono Camerun, Repubblica democratica del Congo, Mali, Niger, Honduras, Sud Sudan, Repubblica centrafricana, Ciad e Sudan.

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